di Micaela FALCONE 
L'imminente
allargamento dell’Unione Europea a 10 Paesi dell’Europa
centro-orientale rappresenta una notevole estensione delle competenze
legislative comunitarie offrendo in particolare l’opportunità di un
significativo ampliamento della politica di tutela ambientale.
Quale livello di adattamento ha raggiunto l’acquis in tema di diritto ambientale nelle legislazioni dei paesi entranti?
La
recente comunicazione della Commissione Europea “Relazione di
valutazione globale in merito al livello di preparazione all’adesione
all’Ue dei Paesi candidati” (Com (2003) 675 def.) fornisce una
panoramica generale sullo stato di attuazione della legislazione europea
nei nuovi Stati membri.
Questo documento integra lo studio
commissionato dalla DG Ambiente sulla “Capacità amministrativa per
l’implementazione ed il rafforzamento della Politica ambientale europea
nei Paesi candidati” che più specificamente esamina le strutture
amministrative ed il livello di efficienza raggiunto nell’attuazione
della normativa ambientale da parte delle Istituzioni competenti nei
nuovi Stati membri. Infatti, in questi anni, la Commissione europea ha
monitorato regolarmente i progressi compiuti dai Paesi coinvolti
nell’ampliamento per il puntuale rispetto dei criteri di adesione ed ha
sottolineato nella Relazione dello scorso dicembre i notevoli sforzi
compiuti nel corso degli ultimi anni dai “Dieci” per completare i lunghi
e laboriosi preparativi all’adesione, quale dimostrazione della volontà
di mantenere l’impegno assunto entro il 1° Maggio 2004, data di
ingresso ufficiale nell’UE.
La Commissione evidenzia inoltre con
soddisfazione come i Paesi aderenti abbiano rispettato, per circa l’80%,
la tabella di marcia stabilita dai negoziati di adesione nella parte
relativa all’attuazione della legislazione ambientale orizzontale,
concernente la qualità dell’aria e dell’acqua, la gestione dei rifiuti,
delle sostanze chimiche e degli organismi geneticamente modificati, le
emissioni acustiche, la sicurezza nucleare e la protezione dalle
radiazioni.
In particolare, nel documento vengono dettagliatamente
indicate le criticità ancora “aperte” nei singoli Stati nonché i cd.
“accordi di transizione” che consentono margini di flessibilità maggiori
rispetto agli standard applicati uniformemente dagli attuali Stati
membri dell’Unione Europea, sia nella legislazione che nelle singole
strutture amministrative nazionali.
Con riferimento ai singoli Stati,
la Commissione europea, nell’esercizio della propria funzione di
vigilanza e garanzia, ha disposto che l’Estonia dovrà intensificare gli
sforzi per completare l’allineamento giuridico con le regole comunitarie
in materia di qualità dell’aria, gestione dei rifiuti, protezione della
natura, inquinamento industriale e protezione dalle radiazioni; altri
paesi dovranno adottare ulteriori misure in campi specifici: Malta per
la gestione dei rifiuti, Repubblica Ceca, Cipro, Ungheria e Po-lonia per
la protezione della natura; Ungheria, Polonia e Slovacchia per
l’inquinamento industriale e la gestione dei rischi; Cipro per gli
organismi geneticamente modificati.
Alla luce delle differenti
situazioni nazionali viene ribadita e sottolineata la necessità di
programmare a lungo termine - e realizzare - strategie nazionali
concrete ed adeguate alle diverse specificità locali per conseguire la
completa applicazione del diritto comunitario.
I Paesi entranti
vengono sollecitati ad impegnare ulteriori risorse finanziarie, di
provenienza sia nazionale che estera (specialmente da fonti private),
per garantire il rispetto di quanto inizialmente stabilito da “Agenda
2000”, un programma d’azione adottato dalla Commissione il 15 luglio
1997 per rispondere alla richiesta del Consiglio europeo di Madrid di
presentare un documento di insieme sull’allargamento e sulla riforma
delle politiche comuni nonché sul futuro contesto finanziario
dell’Unione e la gestione degli stanziamenti comunitari a favore dei
paesi candidati.
Gli strumenti finanziari elaborati per le politiche
strutturali di preadesione e di conseguenza anche per gli investimenti
in campo ambientale nei paesi candidati, fanno capo al programma PHARE e
a due successivi programmi a carattere più specificamente ambientale
quali ISPA (strumento strutturale di preadesione per gli investimenti a
favore dei trasporti e dell’ambiente) e SAPARD (programma di adeguamento
strutturale per l’agricoltura e lo sviluppo rurale).
Il programma
PHARE fornisce assistenza ai Paesi candidati dell’Europa centrale e
orientale sin dal 1989 ed agevola l’attuazione dell’ acquis utilizzando
una dotazione annuale pari ad un miliardo e 500 milioni di euro. L’Ue,
attraverso il PHARE, finanzia lo sviluppo istituzionale dei candidati
mettendo a disposizione esperti per consulenze a breve termine e,
mediante formule di gemellaggio, distacca funzionari da ministeri,
organi regionali, enti pubblici e organizzazioni professionali negli
Stati membri fornendo consulenza in loco per lunghi periodi al fine di
risolvere problemi specifici di natura legislativa o amministrativa. Le
aree di intervento comprendono agricoltura, finanza, ambiente, giustizia
e affari interni, nonché tutte le priorità specificate nel partenariato
per l’adesione del candidato.
Nel quadro del programma SAPARD,
l’Unione Europea ha stanziato oltre 500 milioni di euro all’anno a
favore dello sviluppo agricolo e rurale cofinanziando progetti
selezionati dai candidati stessi in base ai piani di sviluppo rurale
approvati dalla stessa UE. In tutti i Paesi esiste una struttura di
attuazione totalmente decentrata, comprendente un’agenzia SAPARD
accreditata e approvata dalla Commissione che provvede alla gestione e
ai pagamenti.
Tramite il fondo ISPA, entrato in funzione nel 2000,
l’UE ha erogato nel periodo 2000-2004 contributi per circa 500 milioni
di euro all’anno destinati ad investimenti a favore dell’ambiente e
delle infrastrutture dei trasporti sulla base di strategie nazionali
elaborate da ciascun paese candidato per beneficiare dei finanziamenti.
Nonostante
i cospicui importi dei finanziamenti, sia di origine comunitaria che di
provenienza esterna, questi sussidi hanno coperto solo una modesta
frazione del fabbisogno complessivo. Questo si spiega, secondo le
considerazioni svolte nella Relazione della Commissione, rilevando che
nei paesi candidati spetta ai Ministeri dell’Ambiente predisporre i
programmi di attuazione in materia, programmi successivamente presentati
ai governi dei rispettivi paesi per procedere alla richiesta di
finanziamento. Nel passato, però, questi Ministeri non avevano le
competenze specifiche necessarie in materia di individuazione delle
carenze a livello di conformità al corpus normativo europeo o di
elaborazione dei programmi di investimento; questa difficoltà si è poi
sommata a quella derivante dalla faticosa elaborazione di strategie di
attuazione concrete e realistiche da parte dei paesi candidati.
In
gran parte di questi Paesi si è registrato nel corso degli anni, ed è
altresì previsto per il futuro, un aumento della spesa per la tutela
dell’ambiente. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, questa spesa ha
rappresentato solo una piccola parte degli investimenti complessivi
necessari. Secondo le stime dei servizi della Commissione, per
l’attuazione completa dell’acquis comunitario generale occorrerà in
media il 2-3% del PIL di ciascun paese nei prossimi anni. Per molti di
loro questo non comporta eccessive difficoltà visti soprattutto gli
elevati tassi di crescita che iniziano a profilarsi; ma in questa
prospettiva il fabbisogno di investimenti varia fortemente da un paese
all’altro: secondo uno studio recente, infatti, la quota del PIL varia
dal 2% della Repubblica Ceca all’11% della Bulgaria. Pertanto, le
principali fonti di finanziamento ravvisabili sono i crediti delle
istituzioni finanziarie internazionali (in particolare la World Bank),
aiuti o crediti concessi da singoli paesi in base ad accordi bilaterali,
prestiti delle banche commerciali, investimenti diretti dall’estero e
proventi da corrispettivi riscossi dal consumatore (quali diritti,
imposte e pedaggi).
I preparativi per l’adesione hanno affrontato 3
sfide fondamentali: legale, dal momento che la maggior parte del diritto
ambientale è costituito da direttive che richiedono la trasposizione
nella legislazione interna; amministrativa, poiché pianificazione,
ammissione e monitoraggio richiedono una struttura amministrativa
adeguata e personale preparato a diversi livelli; finanziaria, per la
gestione dei investimenti in infrastrutture e tecnologia necessari.
Dato
il volume dell’acquis comunitario nel settore ambientale, la
Commissione ha tuttavia definito “eccezionali” gli accordi transitori
raggiunti sul versante finanziario, che hanno il merito di comprendere
obiettivi intermedi vincolanti in grado di assicurare un adempimento
controllato durante tutto il periodo di transizione. Questi accordi sono
riassunti in dettagliate strategie finanziarie specificate attraverso
apposite liste di progetti individuali relativi ai principali comparti
ambientali, quali:
- Qualità dell’aria: saranno gradualmente
raggiunti accordi in materia di “deposito e distribuzione” del petrolio
in Estonia (2006), Lettonia (2008), Lituania (2007), Malta (fine 2004),
Polonia (2005) e Slovacchia (2007), ma la priorità sarà data
all’installazione di terminal e stazioni al fine di ridurre i problemi
di inquinamento. Per quanto riguarda invece gli olii pesanti
disciplinati dalla direttiva CE 32/1999 è stato concesso alla Polonia di
utilizzare quelli con più alto contenuto di solfo (combustibile che
viene utilizzato prevalentemente per riscaldamento) solo fino al 2006;
Cipro, invece, continuerà ad utilizzarli ancora per un anno.
-
Gestione dei rifiuti: tutti i Paesi, eccetto l’Estonia, hanno ottenuto
un tempo addizionale per il recupero ed il riciclaggio dei rifiuti. I
termini previsti andranno dal 2005 alla fine del 2009. Tale tempo
aggiuntivo è stato concesso poiché occorre un arco temporale più esteso
per realizzare e costruire le infrastrutture adatte alla raccolta ed al
riciclaggio. Malta è stata autorizzata a mantenere la sua attuale
legislazione, che obbliga la conservazione di alcune tipiche bevande
locali in bottiglie di vetro o lattine, sino alla fine del 2007. Per
quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, gli accordi prevedono
apposite disposizioni per 3 paesi – Lettonia, Estonia e Polonia – nei
quali tra il 2004 e 2012 verranno creati appositi centri di raccolta.
-
Qualità delle acque:Tutti i nuovi Paesi disporranno di tempo
addizionale per la costruzione di reti fognarie per gli scarichi urbani.
La priorità sarà data alle aree “ad alta sensibilità” ed ai grandi
agglomerati urbani. Per quanto riguarda l’acqua potabile, sono stati
ulteriormente ristretti i parametri di potabilità per Estonia, Lettonia e
Malta.
- Protezione della natura: a Malta è stata concessa
l’autorizzazione alla caccia di alcuni tipi di volatili sino al 2008
attraverso tradizionali metodi “con rete”. Un’eccezione geografica è
stata riconosciuta per la protezione della lince in Estonia. La tutela
della biodiversità e degli ecosistemi assumerà primaria importanza e
sarà oggetto principale di tutela. In ultimo, tutte le specie verranno
nominate esclusivamente con i nomi latini per creare una base comune di
difesa nell’UE.
- Inquinamento industriale e gestione dei rischi:
per quanto riguarda la conformità alla disciplina sui grandi impianti di
combustione dotati di dispositivi per la riduzione e limitazione di
emissioni nocive ed inquinanti, è previsto il termine di 5 anni per
Ungheria, Malta, Repubblica Ceca e Slovacchia ed il termine
corrispondente al 2015 per Polonia, Cipro, Lettonia e Estonia.
Nuovi
impianti per la prevenzione ed il controllo dell’inquinamento
entreranno in piena attività entro il 2011 in Lettonia, Polonia,
Slovenia e Slovacchia.
Si delinea, in conclusione, un quadro
complessivamente incoraggiante nel quale il già apprezzabile grado di
integrazione all’assetto normativo ambientale comunitario dei 10 nuovi
Paesi dell’UE potrà conseguire ulteriori importanti obiettivi in un arco
temporale di 5-15 anni, in funzione delle peculiarità di ognuno di
essi.